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Stabilimenti balneari contro Mare Libero: in Italia infuria la battaglia per le spiagge

Stabilimenti balneari contro Mare Libero: in Italia infuria la battaglia per le spiagge

Per la prima volta nella storia italiana gli operatori dei lidi scioperano e un’iniziativa popolare chiede la riduzione del numero di sdraio e ombrelloni. Alcuni temono il loro privilegio, altri sperano in più spiagge libere.

“Ridateci le spiagge!” è lo slogan del movimento “Mare Libero” che dal 2019 si batte per più spiagge libere lungo le coste italiane. Durante la campagna di quest’anno “La Tempesta su Battigia” (un gioco di parole sulla Bastiglia, Battigia significa la striscia di spiaggia proprio accanto al acqua), che si svolge sempre il 14 luglio, sulle spiagge del Veneto, della Liguria, della Toscana, del Lazio e della Campania occupata. Sono in corso proteste contro l’occupazione delle spiagge lungo la costa, di cui il 69 per cento è occupato da stabilimenti balneari, come ha recentemente confermato il geologo Mario Tosi.

In passato gli operatori del Lido hanno ignorato le proteste. Quest’anno hanno risposto. Il 9 agosto hanno scioperato per la prima volta nella storia del loro sindacato e hanno annunciato altri due scioperi il 19 e 28 agosto. Questa volta il tempo potrebbe già scorrere per gli operatori del Lido.

“È tipico italiano”, si lamenta una donna di mezza età nella località costiera di Zugli in Liguria. Recentemente è stata a Paraggi, vicino a Portofino, ha detto a ntv.de. Paragi è famosa per il suo mare cristallino e lei voleva nuotare lì. “Ma non c’era alcuna possibilità. La piccola spiaggia era piena di sedie a sdraio e proprio accanto era difficile entrare in acqua a causa delle scogliere.” Dovette camminare a lungo finché non scoprì un sentiero che conduceva al mare e alla spiaggia aperta.

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Fino al 90% raccolto

Baraji non fa eccezione. Lo stesso vale per la località balneare di Jesolo, sull’Adriatico veneziano. Qui quasi il 70 per cento delle spiagge sono occupate da stabilimenti balneari. A Rimini in Emilia-Romagna e Forte dei Marmi in Toscana, secondo le rilevazioni condotte nel 2019 dall’associazione di tutela ambientale Legambiente, il dato ha raggiunto rispettivamente il 90 e il 93,7%.

«Abbiamo scelto la data del 14 luglio per dare l’assalto a Battigia per due motivi», aveva detto qualche giorno fa Roberto Biagini, presidente di Mare Libero, a La Stampa. Da un lato si riferisce alla Rivoluzione francese, cioè all’atto di liberazione. D’altro canto è stata emanata una sentenza del 14 luglio 2016 con la quale la Corte Costituzionale italiana ha dichiarato illegale l’estensione automatica dei privilegi. «Per questo andiamo sulle spiagge e spieghiamo alla gente che può sdraiarsi lungo la battigia», ha continuato Biagini nell’intervista.

Avversario o redattore?

In primavera i soci di Mare Libero hanno occupato la zona Patigia della catena di stabilimenti balneari di lusso Twiga. Al Twiga paghi 600 euro al giorno per sdraio, ombrellone e riposo esclusivi. A chiamare la polizia è stato l’addetto alla sicurezza del Twiga di Ostia, vicino Roma. Ma hanno potuto solo confermare che gli occupanti non stavano facendo nulla di illegale.

Il privilegio della spiaggia è scaduto il 31 dicembre 2023. Il Consiglio di Stato italiano ha dichiarato illegale il tentativo del governo di prorogarlo fino al 31 dicembre 2024.

Per gli operatori del Lido i manifestanti di Mare Libero sono avversari fastidiosi che non hanno idea di quanti soldi siano stati investiti. “Non bisogna dimenticare che questa sabbia vale qualcosa solo grazie ai nostri investimenti”, ha detto in precedenza un operatore a ntv.de.

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Nella controversia sugli stabilimenti balneari Mary Libero si preoccupa della mancanza di spiagge libere, mentre le società degli stabilimenti balneari si preoccupano dell’attuazione della direttiva Bolkestein. Quest’ultima prevede che le concessioni scadute non possano più essere rinnovate automaticamente, ma debbano essere messe a gara. La direttiva risale al 2006 ed è stata firmata dall’Italia nel 2016. Ma tutti i governi, indipendentemente dal proprio orientamento, sono finora riusciti a ritardare l’attuazione.

Un ultimo tentativo è stato fatto all’inizio di quest’anno, sostenendo che solo il 19% delle coste italiane dispone di stabilimenti balneari, quindi c’erano abbastanza spiagge libere da poter essere assegnate tramite gara.

Tutto ciò che non è installato va allo Stato

Non viene però fatta alcuna distinzione tra le vere e proprie spiagge balneabili e la costa in generale, che può essere anche una parete rocciosa ripida, urbanizzata, su cui sono edificati estesi insediamenti industriali o una strada costiera. Un tentativo di conciliare le cifre è stato fermato dalla Commissione UE e dal Consiglio di Stato italiano. Recentemente si è fatta avanti anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha diffidato Comuni e Regioni a non mettere a gara le concessioni scadute entro la fine dell’anno.

Così si spiega anche lo sciopero al quale, secondo le associazioni di categoria, ha partecipato l’80 per cento degli imprenditori del Lido. Era presente anche la località costiera di Capalbio nel Lazio, dove solitamente si riuniscono gli intellettuali liberali di sinistra del Paese.

Da notare che durante lo sciopero, sdraio e ombrelloni sono rimasti piegati e chiusi dalle 7,30 alle 9,30, che non è esattamente l’orario in cui i bagnanti si riversano in spiaggia. Gli imprenditori vogliono garanzie dal governo che recupereranno i loro investimenti se perdono la concessione.

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In realtà sembra logico, ma c’è un problema. Come racconta a ntv.de Agostino Biondo di Mare Libero, i gestori della spiaggia conoscevano le regole quando hanno firmato il contratto di concessione. “Come prevede l’articolo 49 del Regolamento marittimo, le strutture difficili da rimuovere e costruire da parte dell’operatore vanno allo Stato gratuitamente”, spiega. Naturalmente i firmatari del contratto potrebbero concordare diversamente. Ma ciò non è avvenuto, e per questo motivo gli operatori del Lido non hanno diritto al risarcimento a norma di legge.

Potrebbe anche essere l’ora zero per “Mare Libero”, ma in senso positivo. Poiché tutte le spiagge torneranno allo Stato alla scadenza delle concessioni, esiste ora un’occasione unica per reimpostare il rapporto tra spiagge libere e stabilimenti balneari. Secondo loro, ad esempio, sarebbe appropriato 60:40.